ASPETTI ORGANIZZATIVI DEL NUOVO CAPOLUOGO DELLA ROMAGNA FIORENTINA

COSIMO I

UN'EREDITÀ DI PIETRA E PENSIERO A 450 ANNI DALLA SUA MORTE

24 maggio 2025 - Palazzo Pretorio -Terra del Sole

ASPETTI ORGANIZZATIVI DEL NUOVO CAPOLUOGO DELLA ROMAGNA FIORENTINA

Paola Zambonelli

Ho avuto la fortuna di occuparmi dell'Archivio storico comunale di Castrocaro e Terra del Sole per 40 anni dal 1982 al 2022.

Inizialmente non avevo idea dei tesori nascosti che avrei trovato tra le carte archiviate di questa comunità. La moltitudine di scatoloni che mi aspettavano, accatastati nelle stanze del Castello del Capitano di piazza in Terra del Sole, mi ha presto svelato i suoi segreti ed è iniziato un viaggio decisamente avventuroso e ricco di mistero che mi ha consentito di "toccare con mano" la storia locale.

«Così come le mura e l’abitato sono arrivate sino a noi, altrettanto è avvenuto con le “carte”.

La sedimentazione della documentazione…segue la vita della Comunità di Castrocaro-Terra del Sole e della Provincia di Romagna, nonché l'amministrazione della giustizia da parte dei magistrati ad essa preposti (in successione cronologica: commissari, vicari e podestà) nelle loro vicende dall'ultimo scorcio del sec. XV per tutto il periodo mediceo e il seguente governo lorenese, prima e dopo la parentesi dell'occupazione francese, fino all'annessione al Regno d'Italia.» [1].

Un archivio Toscano inRomagna 1473/1859 fu il titolo attribuito all'inventario dell'archivio storico preunitario di Castrocaro-Terra del Sole, a cura di Anna Maria Dal Lauro, stampato nel 1989 grazie ad un cospicuo finanziamento dell'Assessorato alla Cultura regionale, dell'allora IBC (Istituto per i Beni Culturali dell'Emilia Romagna) e della Provincia di Forlì-Cesena, riconosciuto ad un progetto di più ampio respiro volto alla valorizzazione dell'Archivio storico comunale.

Dopo questa doverosa premessa, vorrei ritornare all'eredità di pietra e pensiero, cui fa riferimento il titolo della giornata odierna e su questo soffermarmi, perché è proprio attraverso la lettura della pietra ed in particolare alle testimonianze graffite sulle pareti delle "secrete" cinquecentesche di Palazzo Pretorio, messe in relazione con la documentazione archivistica, che tenterò di offrire una fotografia degli aspetti amministrativi e organizzativi della Terra del Sole di allora in relazione a precise ragioni di ordine politico, militare ed economico che indussero il Granduca ad edificarla proprio al confine con lo Stato Pontificio.

Prima di porre l'attenzione su Terra del Sole, sono però necessarie alcune precisazioni in merito all'apparato preesistente.

Come ricorda Elena Fasano Guarini nel suo saggio introduttivo all'inventario sopra citato, «nel 1542, Luigi Guicciardini, fratello di Francesco, fu inviato a Castrocaro da Cosimo I con la carica di Capitano e Commissario. Era un personaggio di spicco che aveva già esercitato le medesime funzioni nel 1521 e 24 in altri centri della Romagna fiorentina oltre ad Arezzo, Pistoia e Pisa. Un amministratore pubblico di grande esperienza e provata fedeltà, cui si potevano affidare anche compiti di grande rilievo come quello straordinario di progettare e riorganizzare la provincia della Romagna fiorentina. Terra di frontiera travagliata dal banditismo, mal raggiungibile da Firenze e perciò mal governabile, dai confini labili perché senza fondamenti naturali, la Romagna, portata a gravitare più verso i centri della pianura forlivese che oltre l'Appennino verso la Dominante, poneva problemi di ordine pubblico » [2].

«L'espressione "Provincia di Romagna" era già nota in quanto gli Statuti di Firenze del 1415 parlavano di un "Capitaneus Castricari et Provinciae Florentie in partibus Romandiolae" attribuendo unità al territorio gradualmente assoggettato oltre l'Appennino, identificandone il polo nel castello più lontano, situato allo sbocco della Valle del Montone, nella pianura, lungo la strada che da Firenze conduceva a Forlì.» [3].

«Per ridurre e riordinare la Provincia di Romagna in modo da mantenerla più in pace e in quiete, il Guicciardini, in una lunga lettera indirizzata al Duca, suggeriva in primo luogo il rafforzamento della Corte Commissariale.

Il giudice, in qualità di esperto, avrebbe dovuto essere il vero garante del corretto svolgimento delle cause sia in campo civile che penale. La sua presenza avrebbe consentito di attribuire alla corte di Castrocaro anche la funzione di tribunale civile di primo appello per tutte le altre cause giudicate da "gli altri Rettori della Provincia di tutta la Romagna". L'esigenza di rafforzare il prestigio e il potere del tribunale commissariale va letta probabilmente nell'ottica di contrastare l'inadeguatezza delle strutture giurisdizionali della periferia romagnola.

Guicciardini affronta anche un altro ordine di problemi legati alla frammentazione dell'area romagnola e alle condizioni della società locale. I notai che tradizionalmente tenevano "ragione", non dovevano più essere eletti dalle comunità locali bensì dal Capitano e Commissario di Castrocaro onde evitare favoritismi di tipo clientelare cercando così di compiacere chi li aveva favoriti a discapito degli altri.

Allo stesso modo notai, bargelli, cavallari, messi ed altri esecutori, non dovevano essere reclutati in Romagna in quanto la loro appartenenza alla provincia provocava molti inconvenienti legati ad interessi di parentadi ed imparzialità.

Il progetto del Guicciardini fu sostanzialmente accolto quasi integralmente e, come tutti i tribunali del Dominio, la corte di Castrocaro si trovò, negli anni successivi, in condizioni di subalternità rispetto ai tribunali di Firenze e agli organi del Tribunale granducale.

Il Commissario fu tenuto a sottoporre gli atti relativi alle cause capitali ai Conservatori di legge e poi agli Otto di Guardia a Balia nonché inviare copia di tutte le sentenze all'Auditore fiscale.

Ventidue anni più tardi, Cosimo I tornò ad occuparsi della Romagna fiorentina per costruire, a poche miglia da Castrocaro, una città fortezza: Terra del Sole, destinata a diventare caposaldo militare della provincia con funzioni di capoluogo.» [4].

«Il 4 agosto 1564 una delegazione granducale raggiunge Castrocaro e la mattina successiva si avvia verso il confine con lo Stato della Chiesa. A seguito di un'attenta perlustrazione del territorio, Cosimo individua il sito su cui fare costruire la fortezza che dovrà essere posta in luogo piano verso Est dove il fiume Montone fa un'ampia ansa fra le case delle "Berlete" e il podere detto "Il Pantano" [vedi link].

La scelta della posizione sembra favorevole perché da lì si scorgono sia il castello di Castrocaro che la Rocca di Monte Poggiolo. La nuova fortificazione potrà essere protetta da possibili incursioni nemiche che saranno anticipatamente avvistate in modo da apportare la migliore difesa.

Misurato il terreno da espropriare in tornature quarantaquattro, pertiche dua e piedi sette (misure romagnole pari a circa ettari 10 e mezzo), l'otto dicembre 1564 ebbero inizio i lavori di costruzione.

L'impianto della cittadella si presenta a tutt'oggi inalterato.

La pianta è un rettangolo racchiuso da cinta muraria. Nel perimetro originario le mura ripartite in quattro bastioni presentavano due porte d'accesso alla metà dei lati minori. Una verso Firenze e l'altra verso Forlì. Tra l'una e l'altra corrono i Borghi su cui si allineano le case. Al centro la grande Piazza d'Armi dove si fronteggiano la Chiesa e il Palazzo Pretorio» [5].

Definita dal Donatini «Città ideale» per le sue armoniche proporzioni secondo le misure indicate dagli urbanisti dell'epoca, che vedono ogni casa alta 9 metri quanto la larghezza della strada che le fronteggia e le separa da quelle di fronte, Terra del Sole, tuttavia, presenta caratteristiche che inducono a supporre che fu pensata non solo e forse non prevalentemente come fortezza, ma piuttosto come centro giurisdizionale e amministrativo al confine della pianura pontificia dominata dalla vicina Forlì [6].

Simone Venturi pone l'attenzione su una serie di criticità, proponendo suggestivi spunti di riflessione, attraverso un confronto parallelo tra gli archivi e la loro gestione nella città ideale del Rinascimento e quelli digitali nelle smart city di oggi.

Riferendosi al dibattito sulle città ideali, sottolinea come «Giulio Carlo Argan, distinguendosi in questo dalla maggior parte dei colleghi storici dell’arte, era dell’avviso che il concetto di città ideale, così come definito nel corso del Rinascimento, avesse avuto modo di concretarsi pienamente solo con l’affermazione delle monarchie assolute; egli infatti riteneva che solo i re del XVIII secolo potessero disporre, diversamente dai signori e dai principi che li avevano preceduti un secolo e mezzo prima, delle risorse economiche e degli strumenti coercitivi (burocrazia ed eserciti) indispensabili per poter trasformare in realtà quelle che sovente erano semplici, per quanto geniali, idee sulla carta. A suo parere si dimostrarono alla prova dei fatti “città morte”, incapaci cioè di sopravvivere e crescere in seguito alla dipartita dei propri “fondatori”.

«Eliopoli – Terra del Sole, oggi in provincia di Forlì, (...) doveva assolvere a perlomeno altre due funzioni fondamentali, ossia fungere da granaio del granducato (reperendo cereali nella Pianura Padana ed ammassandoli in previsione delle frequenti carestie) e soprattutto amministrare la giustizia. Si trattava, quest’ultimo, di un ruolo particolarmente delicato in quanto niente come il rispetto delle leggi ed il regolare funzionamento del sistema giudiziario concorre a sancire la sovranità di un principe sui propri possedimenti; anche in questo caso l’urbanistica e le scelte architettoniche furono mirate. In particolare sulla centrale piazza d’Armi si affacciavano due edifici vitali al funzionamento della provincia: il palazzo dei Commissari, tanto austero ed imponente quanto elegante, ed il palazzo della Cancelleria. Il primo oltre ad essere la residenza del Commissario generale per la Romagna Toscana era pure il luogo in cui si esercitava la giustizia civile e criminale; il secondo era, al solito, il luogo in cui si redigevano gli atti pubblici, evidentemente percepiti anch’essi come essenziali strumenti di affermazione, in quelle terre di confine, del potere centrale. In conclusione ad Eliopoli si concentravano tutti i poteri (militare, civile e giudiziario), i quali si manifestavano, oltre che con i bastioni angolari, le mura ed i palazzi, anche attraverso la presenza di un corpo di funzionari e di burocrati; anch’essi, seppur in modo meno appariscente rispetto ai soldati, con la loro attività contribuivano a rendere effettiva la volontà del signore del quale essi erano rappresentanti» [7].

«I veri occhi dell'istituzione politica, come anche Mario Montorzi evidenzia nella sua prefazione al saggio di Daniele Edigati "Gli occhi del Granduca" erano i magistrati ed i pubblici inquisitori, ed era in definitiva l'inquisizione criminale l'occhiuta attività che sola garantiva allo Stato sicurezza, autonomia e sopravvivenza» [8].

Nata come segno tangibile della presenza toscana in terra di Romagna, Terra del Sole era un simbolo di dissuasione dal voler compiere atti proibiti dalla legislazione granducale, una forma di controllo sociale di queste terre di frontiera difficilmente raggiungibili, interessate da fenomeni di contrabbando e ribellismo politico.

A dimostrazione di questo stava il Palazzo Pretorio con le sue carceri e sede del tribunale di prima istanza.

«Il prolungamento eccessivo dei lavori della fabbrica e la povertà dei suoi assegnamenti avvallano altresì l'ipotesi che la costruzione di Terra del Sole avesse anche la funzione di calmiere occupazionale per i poveri popoli soggetti contestualmente al controllo delle loro risorse. Vennero infatti arruolati mastri di cazzuola e marraioli, fabbri e falegnami, cavatori e scalpellini. Tutte maestranze di non facile gestione che portarono a denunce fatte dai capisquadra per disobbedienza e furono punite con multe in denaro e pubblica fustigazione» [9].

Nel 1572, l'area in cui sorgeva la nuova città fortezza era ancora chiamata "fabbricha" e rientrava nella balia di Ciola. Le Balie all'epoca erano cinque: Castrocaro, Ciola, Converselle, Montecchio e Salutare.

48 carte rilegate in fascicolo in fondo alla filza di atti civili del Commissario Martelli rintracciate dallo studioso Antonio Zaccaria, hanno riportato alla luce un censimento del Comune di Castrocaro (1572) con i primi abitanti della Terra del Sole [10].

All'epoca l'esigenza di questa rilevazione era da attribuirsi all'iniqua distribuzione di sale alle comunità. Le istruzioni, evidenzia Zaccaria, «specificavano che andava descritto fuoco per fuoco et nominatamente bocha per bocha, maschi et femine et l'età di ciascuno oltre al numero delle bestie da cacio, ma per la cui produzione occorreva il sale. Il censimento include tutte le persone residenti, incluso il clero, i soldati e i funzionari pubblici ed era esteso a qualunque età, dai lattanti ai centenari, ricchi e poveri, poichè tutti consumavano sale. Quando venne fatta la rilevazione la costruzione della nuova cittadella era già a buon punto tanto che, vi abitavano già stabilmente 25 famiglie per complessive 72 bocche di cui 34 maschi e 38 femmine.» [11].

Interessante notare come nei dati onomastici che individuano i capifamiglia, compaiono in diversi casi, i riferimenti topografici di poderi e località ed è curioso come talvolta, il toponimo poderale rimanga anche se la famiglia si è trasferita in altra balia.

L'estensione della Romagna fiorentina aveva raggiunto a quel tempo il suo assetto territoriale definitivo descritto da Elena Fasano Guarini con circoscrizioni amministrative e giurisdizionale, distretti minori, popoli e balie.

Bisogna arrivare al 1579, ultimata la costruzione del Palazzo Pretorio, per vedere a Terra del Sole il primo insediamento della corte commissariale e di Antonio Dazzi, primo commissario granducale.

A lui ne seguirono altri 142 fino al tempo della riorganizzazione amministrativa voluta dai Lorena (1772-76) che portò alla soppressione della provincia e delle cariche di capitanato o commissariato.

«Finchè i Capitani e Commissari avevano risieduto in Castrocaro la solenne cerimonia del loro insediamento avveniva nella Chiesa di San Francesco dei Frati Minori Conventuali. Dopo il trasferimento a Terra del Sole, la cerimonia si svolgeva dapprima nella locale chiesetta di San Giovanni Evangelista, poi nella chiesa parrocchiale di Santa Reparata» [12].

I Commissari, scelti a mano dal Granduca tra "i primi cittadini" di Firenze erano forniti del dottorato che la pratica richiedeva a chi aspirava agli uffici più elevati.

Nel 1579 inoltre, « fu trasferito da Castrocaro il mercato: unica attività economica prevista per la città che esercitava una vera e propria forma di controllo sull'abbondante produzione agricola del territorio romagnolo» [13].

Cesare Bazzoni a proposito di Terra del Sole, «terra del grano» (come già asserito da Argan), oltre ad evidenziare la costante preoccupazione del Granduca per l'incombente spettro della carestia, sottolinea come «per ovviare alle carenze del grano in Toscana, anche il contrabbando venisse incoraggiato dai Medici ai danni dello Stato Pontificio. Al contrario se questo veniva effettuato a sfavore del Granducato, era invece considerato come uno dei reati più gravi» [14].

Tuttavia il disegno di accentramento messo in opera da Firenze non fu mai totalmente compiuto né tantomeno l'ordine realizzato. Il persistere del banditismo è a dimostrazione di un disciplinamento lento e faticoso. Virulento negli ultimi decenni del 500, continuò ad essere endemicamente presente nei secoli successivi, come stanno a dimostrare le confische dei beni, le numerose condanne alla decapitazione, alla forca con o senza squarto.

La teatralizzazione cruenta nella pubblica piazza in giorno di mercato, era messa in scena a mònito della popolazione a ricordare le conseguenze derivanti dal mancato rispetto delle regole imposte. Una realtà di difficile gestione per un commissario, un giudice, un paio di notai, un bargello e pochi sbirri declinavano un quadro indubbiamente fragile ed inadeguato.

L'archivio, ancora una volta, ne è la prova. «Composto in gran parte dal fondo degli atti civili e criminali è organizzato in tre sezioni corrispondenti a tre livelli di potere. Affidati ai rettori fiorentini si trovano le funzioni più propriamente amministrative, il materiale raccolto negli atti civili riguarda la fiscalità con particolare riferimento alla tassa del sale ed altre imposte dirette e indirette. Comprende resoconti di visite di Confine che le comunità dovevano eseguire annualmente sotto il controllo del Commissario; relazioni su lavori pubblici. Riguardo l'economia spiccano il commercio dei grani, della seta, dei coiami, le denunce del bestiame.

Accanto all'archivio dei Commissari vi è quello della Provincia. Più modesto, riflette il funzionamento dell'organismo che raccoglie le comunità soggette alla giurisdizione del Commissario, in relazione ai loro obblighi e diritti collettivi. Raccoglie i partiti dei Sindaci, i libri della ragione, mandati e memorie del Camerlengo, materiali relativi alla gestione delle carceri e ai "prigioni miserabili" che vi confluivano da tutto il territorio.

Al terzo livello troviamo poi la Comunità intesa come organo amministrativo di base dello Stato anche nel periodo dell'accentramento e dell'assolutismo mediceo. Si fonda sul rispetto degli Statuti (conservata in archivio la copia del 1513) che gli organi locali possono confermare o modificare.

In esso sono contenute le regole da rispettare e le corrispettive pene previste in caso di trasgressione.

Le Comunità sono inoltre incaricate della denunzia dei malefici e, sotto il profilo fiscale, funzionano come aziende indipendenti tra di loro e quando proventi e beni comunitativi sono insufficienti al pagamento delle imposte, impongono tasse sulla proprietà e sulle teste. Di rilievo la figura del Cancelliere che deve dare il beneplacito alle spese comunitative sorvegliando la conservazione del patrimonio e impedendone ogni alienazione. Al Cancelliere spetta anche l'aggiornamento degli estimi, la preparazione dei dazzaioli per la riscossione delle imposte da parte dei camarlenghi e la revisione dei conti di questi ultimi. Spetta infine l'archiviazione degli atti tanto comunitativi che criminali ed ha come fine quello di lasciare ai posteri le cose fissate e stabilite dagli ordini del principe [15].

Si segnala la presenza del primo di una serie di quattro registri di Atti dei Provveditori della Provincia di Romagna (1592 al 1616), presso la biblioteca comunale di Forlì descritto come Fondo Bianchedi [16].

A Daniele Edigati, che come Cesare Bazzoni in precedenza citato, ha consultato l'Archivio Storico comunale per la sua tesi di Laurea, va il merito della minuziosa descrizione e la dovizia di particolari con cui si applica l'iter processuale che risulta, tra l'altro, diversificato tra i "descritti" (coloro che erano iscritti nel ruolo delle bande militari del Granducato e che godevano di alcuni privilegi) e i "non descritti". Con uno sguardo complessivo sul processo criminale, affronta i temi della querela, della denuncia, della diffamazione degli accusatori segreti e perfino dell'invenzione. «L'invenzione consisteva nel sorprendere e catturare il delinquente in flagranza di reato da parte delle forze di polizia. Questa era l'unica fattispecie che legittimava l'istantanea cattura del reo...era tutt'altro che insolito che birri e famigli procedessero sfruttando il potere loro conferito, per pura vendetta contro chi non gli ha voluto dar mancie, o far'altri servizj da lor desiderati e richiesti. Doveva essere il giudice ad adorare la fondatezza delle loro accuse … » [17].

La ricchezza delle testimonianze cartacee trova la sua complementarietà sulla pietra rendendo il patrimonio culturale di Terra del Sole un "unicum" che la caratterizza nel panorama nazionale se non addirittura mondiale [18].

Graffiate sulle pareti delle segrete date, nomi, numeri, disegni si affollano e si intrecciano [vedi link].

Raccontano e completano storie, restituiscono dati e informazioni su quanto fosse cruenta l'amministrazione della giustizia.

Armando Petrucci, nel suo studio sull’ideologia e rappresentazione della scrittura offre interpretazioni e chiavi di lettura per i tanti simboli disegnati e catalogati come pittura infamante o ancora meglio espressione di dissenso contro l'autorità [19].

La carta e la pietra restituiscono identità e una parvenza di dignità alle tante "Maria Giunchetti" (giovane popolana accusata di infanticidio) che si sono succedute sui banchi del tribunale terrasolano, torturate, appese alla fune in attesa di essere "Mesa in sacreta per prova" fino all'interrogatorio successivo. Le loro grida hanno riempito le pagine vergate dai notai. Le loro verità urlate imploravano il Signor giudice di essere "calate" che la Verità l'avevano detta. La tortura della fune o della carrucola era di prassi praticata sia durante l'interrogatorio per estorcere una confessione che come condanna o pena al termine dell'iter processuale. Non vi erano distinzioni tra uomini e donne.

La pratica prevedeva che il reo fosse semplicemente appeso e sollevato da terra per un tempo stabilito che andava da pochi minuti fino oltre alla mezzora, o che venissero dati tratti di fune: sollevati da terra con la carrucola, appesi per le braccia e strattonati.

A mònito, in risposta a tutto questo, gli esiti di una giustizia sovente bendata: una scritta leggibile sopra la croce a nero fumo di candela nella volta della cella detta il Paradiso, valeva per tutti: "Non intrar qui per dir io non lo dirò che tu la dirai, voja tu o no" [20].

Nella buia cella dell’Inferno, luogo di pratica della tortura della veglia o sveglia, risuonano gli echi delle sofferenze inflitte restituite dall'eredità di pietra risalenti al 1580 "Mala Mansio reo qui Habitare" insieme alla denuncia esasperata di una verità non creduta "la verità detta non volevano la dicessi".

Ad oggi Terra del Sole c'è ma non si vede e la cittadella nata su preciso disegno dei Dè Medici è pressoché invisibile.

«Non si vede perché il traffico passa esclusivamente su una parallela della strada maestra, entrando e uscendo attraverso due brecce aperte nelle mura tra le porte e gli speroni occidentali» [21].

Una sorta di sogno infranto, un disegno incompiuto che congela nel passato la sua importanza strategica e militare.

Paola Zambonelli

Note:


[1] A. M. Dal Lauro (a cura di), Un archivio toscano in Romagna: inventario dell'Archivio storico preunitario di Castrocaro - Terra del Sole, 1473-1859, Bologna, Analisi, 1989; pp. 35, 36.[vedi link]

La curatrice ricorda come per la preservazione dell’archivio sia stato importante, nel corso del XVIII secolo, l’intervento di Pompeo Neri, vale a dire in un frangente storico in cui l’attenzione del nuovo casato regnante degli asburgo-lorena era andato scemando per questi possedimenti periferici indirizzandosi lungo altre direttrici di sviluppo (nello specifico quello dei commerci facenti capo al porto di Livorno).

[2] E. Fasano Guarini, Un archivio toscano in Romagna: inventario dell'Archivio storico preunitario di Castrocaro - Terra del Sole, 1473-1859, Bologna, Analisi, 1989, p. 21 [vedi link].

[3] E. Fasano Guarini, ibidem, pp.21-30.

[4] E. Fasano Guarini, ibidem, pp.21-30.

[5] G. Grazzini, Bell'Italia, n. 31, Novembre 1988, pp.42-51, Cairo Editore [vedi link].

[6] E. Donatini, La città ideale fortezza della Romagna fiorentina, Ed Del Girasole, Ravenna, 1979 [vedi link].

[7] Simone Venturi. Dalla città ideale alla Smart City! Il mondo degli archivi. Una riflessione sul ruolo degli Archivi in Il Mondo degli Archivi, Studi, Marzo 2014, Pubblicazione della Associazione Nazionale Archivistica Italiana [online nel sito web di ANAI].

[8] D. Edigati, Gli occhidel Granduca - nella prefazione di M. Montorzi - Edizioni ETS, Pisa, 2009, pp. XIII-XIV. Di Daniele Edigati vedi anche “Il Supremo tribunale di giustizia di Firenze” (1777-1808)

[9] G. Grazzini, op.cit. pp.42-51.

[10] A. Zaccaria. Un antico censimento del Comune di Castrocaro (con i primi abitanti della Terra del Sole) giugno 1972, quaderni dell'Archivio storico comunale, n°1,Castrocaro T .e Terra del Sole, 2022, pp. 7-18. [vedi link]

[11] A. Zaccaria, ibidem.

[12] A. Zaccaria, La Romagna fiorentina e i suoi Capitani e Commissari Generali (1382-1772), ad Centro Studi Terra del Sole,2014,pp.3-12.

[13] Cesare Bazzoni, Architettura, città, territorio; Quaderni di storia dell'architettura e restauro, Pontecorboli ed., Firenze. Quazar, 11 - 12, gennaio - giugno, luglio - dicembre 1994, pp. 41-43. [vedi link]

[14] Cesare Bazzoni, ibidem.

[15] E. Fasano Guarini, op.cit.

[16] Fondo Bianchedi - Registro in pergamena primo degli Atti dei Provveditori della Provincia di Romagna. Biblioteca Comunale di Forlì, “Unità Fondi Antichi, Manoscritti e Piancastelli”. Nel Fondo Giuseppe Bianchedi è conservato un registro manoscritto in pergamena (29,5 x 21 cm - carte 140 numerate + 3 n.n.) contenente gli Atti dei Provveditori della Provincia di Romagna relativo agli anni dal 1592 al 1616 ed è la prima filza della serie di quattro registri. «Al nome di jddio et della Gloriosa Vergine Maria et di tutti la celeste corte del Paradiso. In Questo libbro di carta peccorina coperto di taccoletta et quoio rosso con Arme di S.A.S. si faccia noto et ricopierà tutti li contratti delle case di fare della terra del Sole et altri contratti et memorii et ricoperà memoriali ordinj attinenti alla fabbrica della terra del Sole in Romagna cominciato al tempo di Ottavio del Cap:no Bast:no di M. Ant:o Galeotti. Per Suoi Provveditore di Romagna per il Ser.mo Don Ferdinando di Medici Gran Duca di Toscana l'ano 1592 per servire ... ». Gli altri tre registri, che comprendono gli atti dal 1617 al 1699, sono depositati presso l’Archivio Storico del Comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole. [vedi link]

[17] D. Edigati, op. cit. pp.89-114.

[18] Nel 1997 il World Monuments Fund (WMF la principale organizzazione indipendente dedicata alla salvaguardia dei luoghi più preziosi del mondo) ha selezionato il "complesso sistema architettonico e documentario delle carceri medicee e dell'archivio criminale di Terra del Sole" inserendolo nell'elenco dei 100 più importanti monumenti al mondo da salvare e tutetare, in buona compagnia assieme ai Giardini di Boboli a Firenze, agli scavi di Pompei e ai colossi di Mennone a Luxor in Egitto.

[19] A. Petrucci, La scrittura-Ideologia e rappresentazione, Einaudi, Torino 1980, p.150.

[20] Nel 2017, a Palermo, in un interessante convegno di studi su “Graffiti, iscrizioni e disegni delle carceri di Palermo”, curato da Giovanna Fiume, (Fabrizio Serra Editore - ISSN: 2421-5627) Adriano Prosperi (Scuola Normale Superiore, Pisa) ha tenuto una conferenza sul tema "Icone dell'ingiustizia: le prigioni e i graffiti dei carcerati, in cui indaga la ricca valenza di fonte di queste testimonianze: Vorrei esaminare comparativamente alcuni casi di cui mi sono occupato – le carceri arcivescovili di Bologna, quelle di Terra de Sole nel granducato di Toscana ....L’ho scelto tra i molti conservati nel carcere di Terra del Sole.... qui il disegno del crocifisso vi è iscritto in una composizione romboidale, disegnata sul muro del carcere, su di uno sfondo dove compaiono numerose altre croci e si leggono nomi di uomini (come quello che qui si legge «W Sabbadino da Spessa)". [vedi link]

[21] G. Grazzini. op.cit.