Didattica in archivio: conoscere la guerra - 18 febbraio 2020

IL RESTO DEL CARLINO - MARTEDÌ — 18 FEBBRAIO 2020 –

Didattica in archivio: conoscere la guerra

I ragazzi si sono immedesimati nella vita dei soldati del primo conflitto mondiale, studiando lettere e documenti dell’epoca

Scuola Fiorini di Dovadola - Classe 3ªD

’Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare’.

Questa frase di Primo Levi rappresenta in pieno ciò che offre a noi ragazzi della classe 3ªD di Dovadola il progetto ’Didattica in Archivio’, che per noi si svolge nell’Archivio Storico di Castrocaro Terme e Terra del Sole sotto la guida esperta della dottoressa Paola Zambonelli: è un progetto davvero molto interessante, perché in questo modo conosciamo la Storia (e le storie di tante persone) facendo qualcosa di alternativo rispetto a studiare sul libro! Infatti, noi ragazzi tocchiamo con le nostre mani e vediamo con i nostri occhi dei veri documenti, delle lettere, dei giornali, delle fotografie, dei manifesti appartenenti al periodo preso in esame.

Quest’anno noi ragazzi abbiamo affrontato la Prima Guerra Mondiale (1914-1918) e, attraverso le fonti, siamo riusciti a capire in modo chiaro ed efficace tutto quello che successe in periodi duri come quelli della guerra.

Nasce proprio in questo modo il lavoro ’Adotta un milite’: abbiamo dovuto scegliere un soldato schedato all’Archivio, per poi immedesimarci in lui e scrivere possibili pagine di diario e lettere, inviate dalle trincee.

Attraverso la scheda di identità e attraverso altri documenti analizzati, quali la rivista ’La Guerra Italiana’, lettere, telegrammi, circolari, il registro dei caduti della Prima Guerra Mondiale della nostra provincia, ci siamo resi conti di chi fossero i soldati italiani e su cosa fosse la vita di quegli anni: durante le uscite in Archivio ci siamo sentiti davvero all’epoca della Grande Guerra e abbiamo compreso quanto siamo fortunati noi lontani dalla guerra e dalla miseria!

Per il nostro lavoro di immedesimazione ci siamo serviti anche di quello che abbiamo studiato a scuola e del viaggio di istruzione al Museo della Battaglia di Vittorio Veneto. 

Ora vi presentiamo alcune delle ’nostre’ testimonianze dal fronte: i soldati spesso erano analfabeti o con un basso grado di istruzione, quindi negli scritti troverete degli errori …

Ciò che dalle lettere emerge è che la guerra è brutta, come scrive Luigi al babbo: «Qua adesso si stà bene è un momento di tregua si sentono spari nell’altro versante della montagna ma nulla di preoccupante la guerra rappresentata sui giornalini sembra bella ma non è proprio così è molto triste vedi persone ferite o morti ovunque purtroppo. Spero che ti possa arrivare questa lettera perché non sempre le lettere passano i controlli ».

La paura della censura si ritrova anche in altre lettere, indirizzate alle mogli: «Non posso scrivere molto altro perché rischio che ai controlli, non vi inviino la lettera perché mostra la guerra come una cosa brutta. Ma alla fine ’brutta’ non basta. La guerra è sofferenza pura»; «non posso dilungarmi troppo su questo argomento altrimenti la mia lettera non passerà alla censura».

Di quale argomento il soldato non può parlare? 

Prima di tutto delle pessime condizioni di vita, «qui c’è tanta sporcizia, topi, ratti, pidoci», «dobbiamo strisciare salendo una collina piena di fango», «vivo in trincea con i miei compagni, tanti purtroppo morti e tanti sofferenti per le gravi ferite»; poi del freddo, come scrive questo soldato il 4/3/1916, «Qui sulle Alpi infuria una tormenta di neve», a cui fa eco Primo: «Ora stiamo risalendo le alpi faticosamente e tutti infreddoliti dalla neve e dal vento gelato che tira da giorni per cercare di bloccare gli austriaci al confine. Ci aspettano giorni di dura battaglia».

Come riescono i soldati a combattere il freddo? 

Ci dà la risposta Luigi il 29/10/1917: «Cara mamma, ti voglio chiedere se mi puoi fare dei guanti e dei calzini, perché qua fa molto freddo».

Uno dei momenti più terribili è rappresentato dai bombardamenti e dall’assalto alla trincea nemica: 

«Carissima mamma, Prega per me che tra poco andrò all’attacco; ho paura di morire e di non vedere più sia te che papà e tutta la famiglia».

Famiglie di cui i soldati nelle lettere chiedono ripetutamente notizie e a cui affidano raccomandazioni, come Giuseppe che chiede alla moglie di ricordare a Giovanni che lui dovrà «tirare avanti la famiglia, perché è il più grande» o come Ruggero: «Come va a Dovadola? Amedeo come sta? Fra poco tocca a lui venire al mio fianco così affronteremo la situazione insieme».

Lo stare insieme, la fratellanza, emerge dalle lettere dei soldati: 

«Oggi ho visto un ragazzo giovanissimo portato in spalle da un perfetto sconosciuto»; «Io e Carlo diventammo amici e ci giurammo di proteggerci le spalle ».

L’amicizia, la speranza e la scrittura salvano e aiutano a non impazzire: «Uso te, diario, per mantenermi lucido. Ho visto compagni di guerra impazzire » (Francesco, 16/08/1916), « nel mio silenzio ho scritto lettere piene d’amore. Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» (Giuseppe, 23/12/1915).