Antichi itinerari e mezzi di viaggio e trasporto
parte terza: il viaggio, i mezzi di trasporto ...
Il
viaggio in se stesso rimase per secoli un evento memorabile e irto di
pericoli, tanto che molti prima di incamminarsi facevano testamento e la
partenza era preceduta da messe e novene per scansare assalti di
briganti, malattie e altri guai, come l’incontro notturno con gli
spettri, ricordato da Johann Caspar Goethe nei pressi di Firenzuola.
(La
Futa. Una strada nella storia, pp. 37-38, da J. C. Goethe, Viaggio in
Italia. 1740, a cura e con introduzione di Arturo Farinelli, Roma 1932)
Manuel de Azevedo, Vita del taumaturgo portoghese sant'Antonio di Padova, 1790 |
De Azevedo, che visitò i luoghi, narra il viaggio che bisogna compiere da Forlì per raggiungere la grotta di sant'Antonio.
Come in una "guida turistica" antelitteram, descrive l'itinerario da compiere per raggiungere la meta.
Dei sedici chilometri da percorrere la metà possono essere fatti "su ruote" con una carrozza (in "legno"), o forse meglio con un biroccino.
L'altra metà del viaggio, per ascendere verso il "Monte Paolo", deve essere fatto a piedi, sulle proprie gambe, essendo il tragitto inserito in un paesaggio di "monti scoscesi" nell'insidia di "dirupi".
Di fatto sappiamo che non si tratta di un "trekking" difficoltoso; i monti sono solo colline e i dirupi che si incontrano sono i calanchi tipici delle nostre zone.
Montepaolo resta esso distante dalla Città di Forlì dieci sole miglia, la metà delle quali si possono fare in legno sino a Terra del Sole fortezza della Toscana, e poco più oltre sino a Castrocaro Castello assi noto nella Storia d’Italia (…)
Di là uscendo verso la montagna, si lascia a sinistra la strada che va a Firenze , e voltasi a destra per dirupi, e monti scoscesi, finché si arriva a mezza la china di uno, che da sette secoli tuttavia conserva il nome di Montepaolo.
Per
poter vedere realizzata una strada carrabile di collegamento fra i vari
paesi periferici e fra questi con la dominante Firenze che consentisse
il transito a mezzi su ruote occorrerà attendere ancora molto tempo.
L'alternarsi
delle vicende politiche che interessarono la Penisola ma anche i
contrasti localistici fra le varie località della Romagna Toscana furono
i motivi che deposero a sfavore per la costruzione di strade moderne e
sopratutto per la realizzazione di una grande strada di comunicazione.
Illustrazione tratta da Camuso, Libro della Sapienza dei Vecchi Saggi (Ulm, 1438) |
Dalla preistoria al XIX secolo, quando l'avvento della ferrovia ha
rivoluzionato i trasporti, la maggior parte dei viaggiatori si è sempre
spostata con l'aiuto delle proprie gambe, anche nel caso di lunghi
tragitti. I contadini si spostavano a piedi per portare i loro prodotti
al mercato vicino. Nelle regioni con carenza di strade (sentieri e
mulattiere) un messaggero a piedi era più veloce di uno a cavallo. Anche
i soldati, e più precisamente la fanteria, fino al XX secolo si è
sempre spostata a piedi.
L'illustrazione
a lato mostra alcune donne a piedi nudi. I motivi per
cui portano il carico sulla testa sono di natura fisiologica. Il peso
viene mantenuto in asse sulla verticale della spina dorsale così da
evitare di doversi dotare di un bastone per mantenere l'equilibrio su
percorsi sconnessi come erano i ventieri e le mulattiere. Diversamente
l'uomo, con il carico su una spalla è costretto a usare un bastone per
mantenersi in equilibrio.
Aesopius, Fabulae. Illustrazione anonima tratta |
Le gambe servivano inoltre per il trasporto delle merci, anche sulle lunghe distanze.
Sui
valichi montani gli uomini che si occupavano del trasporto delle merci
si occupavano anche della costruzione e manutenzione delle strade.
I
carichi pesanti venivano suddivisi in pacchi più leggeri e trasportati
da più persone con l'aiuto di un bastone che veniva appoggiato sulle
spalle.
Fino al XX secolo il trasporto di oggetti fragili, ad
esempio articoli di vetro o ceramica, è stato affidato a vetturini
ambulanti. Le merci trasportate sulle lunghe distanze erano soprattutto
beni preziosi: oggetti d'oro e d'argento, armi e munizioni, generi
alimentari, sale marino, cereali, e altri oggetti di pietra focaia o di
metallo.
Gli unici mezzi di trasporto per viaggiar sono asini e cavalli, slitte, carretti, birrocci, carrette, carrozze e lettighe.
Le strade sono malsicure non solo per le loro pessime condizioni strutturali ma anche per i pericoli in agguato. Sulle strade corrieri e cavallari si alternano alle truppe, alle soldatesche e ai tanti masnadieri, briganti e banditi alla "macchia" che, incrociando passeggeri disarmati e donne indifese, sono facili prede di atti di violenza e di furti. La scena a lato è tratta da un ex voto del 1.600 conservato nel Santuario di Santa Maria del Monte di Cesena e raffigura un ricco commerciante in viaggio a cavallo aggredito e derubato dai banditi di strada.
dettaglio tratto da Nunzio Galizia, Milano liberata dalla peste, 1578. Raccolta delle Stampe A. Bertarelli, P.V. g. 37–22, Comune di Milano |
dettaglio tratto da Nunzio Galizia, Milano liberata dalla peste, 1578. Raccolta delle Stampe A. Bertarelli, P.V. g. 37–22, Comune di Milano |
Questi "ceti sociali", ma anche gli artisti, per i loro spostamenti, fuori dai centri urbani, si servirono del cavallo, che poteva essere di loro proprietà oppure "a vettura", a noleggio.
Del cavallo si faceva uso come cavalcatura
nobile in tempo di pace e di guerra in grado di sostenere il peso del
guerriero armato e di dare efficace risposta alle esigenze del
combattimento.
I viaggiatori in carrozza o a cavallo erano quasi sempre preceduti, a scopo di sicurezza, da qualche soldato armato o da un piccolo reparto di soldati che facevano da avanscoperta lungo il percorso.
(per approfondimenti: AA.VV., Viaggiare nel Medioevo; a cura di Sergio Gensini, Pubblicazioni degli Archivi di Stato Saggi 63 Ministero per i beni e le attività culturali - ufficio centrale per i beni archivistici; 2000)
L'asino
veniva cavalcato in prevalenza dagli umili e meno abbienti, ma essendo un animale robusto ed efficiente,
nelle zone non battute e in montagna, dove nella migliore
delle ipotesi si trovavano sentieri molto stretti, l'uomo dipendeva
dall'asino e dal mulo (frutto dell’incrocio di un somaro e di una giumenta). Per cui anche i ceti sociali altolocati e i
"condottieri" se ne servivano per valicare passi montani impervi. Lo
dimostra questo dipinto del 1850 di Delaroche in cui è raffigurato
Bonaparte che attraversa le Alpi. Il cavallo, l'asino e il mulo erano
indispensabili anche per il trasporto delle merci. Un cavallo da soma
era in grado di trasportare fino a 195 chili, un mulo fino a 163
chili. Gli
allevatori di asini che svolgevano anche il ruolo di trasportatori
privati di merci e persone, con godimento di privilegio o "patente",
erano chiamati "ve(i)cturales", "vecturarii", "vetturali" e
"mulattieri".
Un'altro utile animale indispensabile nel lavoro dei campi per la sua laboriositàda è stato per lungo tempo il bue a cui veniva aggiogato un vomero aratro. Per esigenze di traino per il trasporto dei prodotti, ai buoi venivano aggiogate una carriola o una "treggia" con o senza ruote.
La carriola a una o due ruote, veniva usata nei cantieri ed anche per coprire distanze di molti chilometri.
La carriola a
un solo asse era particolarmente indicata per le condizioni
pessime delle strade fino al XVIII
secolo: due ruote infatti si adattavano meglio di quattro ai buchi del
fondo stradale.
Inoltre, a differenza di quanto può facilmente succedere
con i veicoli a più assi, non si correva il pericolo che l'asse si
rompesse a causa del fondo irregolare.
Il carro a quattro ruote, a causa
dell'inaffidabilità dei freni in discesa, era poco sicuro, per cui il trasporto delle merci in
montagna era affidato agli animali da soma.
Il viaggio in carrozze e diligenze - le "poste-cavalli"
Corrieri del governo granducale - un ordinario accompagnato da due dragoni - negli anni Quaranta dell’Ottocento.
La
carrozza è una quattro posti che può portare, oltre al corriere
postale, 4 passeggeri con un bagaglio gratis fino a 40 Kg a testa.
Giachi Antonio (attrib.), Guida per viaggiar la Toscana, seconda metà XVIII secolo |
«La competenza in materia postale per il trasporto di passeggeri, corrispondenza e piccoli pacchi in toscana fu data in appalto a privati sin dall’inizio del principato mediceo; la sorveglianza e i diritti di privativa spettavano alla Gabella del sale, che aveva giurisdizione esclusiva in materia; la Sovrintendenza generale delle poste venne istituita nel 1607, e nel 1681 avocava allo Stato il servizio, istituendo un Generalato delle poste; nel 1704 si ebbero altre disposizioni sul servizio. Con l’avvento della casa asburgica si ebbe un riordinamento dell’organizzazione postale; già nel 1737 venne realizzato un Piano generale delle poste; nel 1740 il servizio fu annesso all’appalto generale.
Nel 1779 vennero aboliti i diritti versati all’ufficio del sale; il servizio subì nel tempo altri mutamenti sino all’ultima riforma del giugno 1803. La progressiva rivoluzione stradale approntata in toscana dal governo lorenese comportò il miglioramento dei servizi connessi al trasporto di persone, merci e corrispondenza tramite le cosiddette poste-cavalli esistenti, fin dal XVI secolo, lungo le principali arterie di transito, le strade postali. Queste importanti strutture furono controllate strettamente dall’apparato statale che se ne serviva a sostegno dei propri corrieri; il servizio consisteva nell’installazione a distanze regolari di stazioni fisse gestite da postieri e adibite a consentire la sostituzione dei cavalli, oltre a essere luogo di ristoro e pernottamento per i viaggiatori. la gestione delle stazioni di posta era affidata a privati.» (Fabiana Susini, "Stazioni di posta del Granducato di Toscana nel XVIII secolo: varianti locali e sviluppi funzionali" in "La città, il viaggio, il turismo …" a cura di Belli, Capano, Pascariello, CIRICE, VIII Congresso AISU, 2017)
questa immagine (poste) e quella precedente (spiegazione dei segni) sono tratte dalla "Carta della dislocazione degli uffici dipendenti dalla Sovrintendenza generale di Firenze" (1825) |
La Posta, quella che si intende oggi, era chiamata Posta delle Lettere e si distingueva dalla Posta dei Cavalli che, come spiega il nome stesso, rappresentava il percorso costituito dalle stazioni, dalle “poste” per il cambio dei cavalli, per il ristoro dei viaggiatori e per il ricovero degli stessi animali nelle stalle adiacenti.
La Posta a cavallo, da inizio ‘700 a metà dell‘800 è il sistema di trasporto di merci di piccole e medie dimensioni (pacchi e bagagli) e di persone più veloce del tempo. Si fonda su un gran numero di stazioni di cambio distribuite per tutto il corso dei tragitti, cosa che consente di cambiare con grande regolarità i cavalli stanchi con cavalli freschi.
Il
termine "posta", deriva dalla espressione latina "posita statio",
contrassegnava un luogo prefissato, ove era possibile sostare per far
riposare i cavalli.
In Italia il primo servizio di posta regolare, i l “Cursus Publicus” lo si deve all'imperatore Augusto (63a.C-14 d.C)
La "Posta", fin dalle sue origini, era nata come servizio di comunicazione e collegamento fra diversi aree del territorio per la gestione del potere politico e militare. Per trasmettere e trasferire "bandi" e "ordini". Dalla fine del XVII secolo l'organizzazione postale si estese anche alle altre classi sociali, fino a diventare un servizio aperto a tutti.
«In
tutti gli Stati d’Italia sonvi Diligenze pubbliche. Tale mezzo di
trasporto è pronto quanto economo, e segnatamente per quelli che hanno
poco tempo, e circoscritta la durata del loro viaggio.
Il mezzo però più
comodo è di servirsi dei cavalli di posta e della propria carrozza,
avendo riguardo di sceglierla leggiera e di solida costruzione,
dovendosi spesso attraversare paesi montuosi; e d’altronde havvi
economia pei cavalli di rinforzo.
Le strade ferrate non sono ancora
generalizzate in Italia; tuttavia quelle già messe in attività potranno
tornar utili al viaggiatore.
Havvi anche un altro modo di viaggiare che
non è senza vantaggi. Vogliamo alludere ai Vetturini, sorta di cocchieri
che abbondano in tutte le principali città d’Italia, e che fanno le
loro corse per qualsiasi luogo.» (Nuovissima Guida del Viaggiatore in Italia; 1852; Avvertimenti a chi intraprende un viaggio in Italia)
diligenza - "poliorama pittoresco" 1836 |
Nel 1795 Vincenzo Peretti nella sua “Grammaire italienne” comprende un dialogo in cui uno straniero pone un quesito sul viaggiare in Italia:
Vi sono delle diligenze come in Francia? Pochissime. Si chiamano procaccio in Italia le vetture che sono chiamate diligenze in Francia. I procacci rassomigliano assai alla diligenza di Marsiglia perché sono sovente carichi di mercanzia al di fuori... I principali procacci ch’io conosco sono quelli di Firenze a Roma, e di Roma a Napoli, e viceversa.
vai a il viaggio, i mezzi di trasporto ... parte quarta
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